Calle 2000

Sono sceso in cantina come faccio qualche volta quando "...mi viene voglia di vino buono!". Ma questa sera desideravo anche un brivido. Insomma per chi ha l'abitudine di degustare il vino si rifugia nelle bottiglie che possono lasciare il segno. Non sono così presuntuoso da dire che ne ho molte in cantina di questo tipo ma ce ne sono alcune che raccontano la mia storia (ancora molto breve) di passione enologica. Ho preso in mano un Chianti Rufina del 1998, poi una Barbera d'Alba del '99, infine, sotto una piccola catasta di vecchie bottiglie impolverate ne ho trovato una a cui avevo aggiunto una targhetta scritta a mano con la penna bic. C'era scritto Calle 2000. Mi sono fermato un attimo e mi sono ricordato delle mie prime scorribande nelle cantine a fare acquisti. Ero andato da Natalino Fasoli un sabato mattina e mi ricordo che ero stato accolto benissimo. Avevo bussato alla porta di vetro e dietro la scrivania c'era proprio lui. I Fasoli di San Zeno di Colognola ai Colli  li avevo conosciuti leggendo una guida sui vini bio che tengo ancora nella mia piccola biblioteca. Conoscevo il loro Soave ma ben poco di tutto il resto. Dalla guida emergeva anche la produzione di due vini rossi di grande valore: il Calle e l'Orgno, entrambe Merlot al 100%. Ricordo che Natalino mi accompagnò ad assaggiare dalla botte il Pieve Vecchia di cui andava orgoglioso perché era il vino che sarebbe stato servito a Papa Woitila durante una sua visita a Venezia (se non ricordo male...). Mi raccontava con grande fervore la sua vita di vignaiolo e credo fosse stato il primo a lasciarsi andare con grande semplicità. A quei tempi ero un emerito sconosciuto ed era interessante riconoscere il valore dell'accoglienza nelle varie cantine. Mi ricordo di aver acquistato due bottiglie di Orgno Merlot e Natalino mi regalò una bottiglia di Calle dicendomi: "tu compri il padre...noi ti regaliamo il figlio". Si proprio così tanto che quelle erano le prime bottiglie. Era il millesimo 2000.
 
Rapito dai ricordi ho risalito le scale della cantina e dopo aver percorso la corte emozionato sono salito in casa. Ho preso il cavatappi ed ero curioso di conoscere lo stato di quel vino dopo 11 anni. La tensione del tappo era ottima, la levatura perfetta, il profumo delicato ed evoluto ma sano. Ero incerto se prendere un decanter. Ho preferito un bicchiere grande e un po' panciuto. Ho versato il vino. Il colore era come lo pensavo, ancora rubino nel cuore ma leggermente granato ai bordi. Resisteva una certa sospensione che lo velava leggermente ma in maniera quasi impercettibile. Con molta delicatezza ho avvicinato il bicchiere al naso; ho chiuso gli occhi per assaporarlo meglio, con tutto me stesso. Lì dentro non c'era solo un vino, c'era il sogno di Natalino e una serie di emozioni che avevo provato quel giorno e avevo lasciato in un cassetto per quasi dieci anni. C'era oltretutto il desiderio di percepire i valori del tempo. Avevo accolto quel dono quel giorno capendo poco di affinamenti, oggi l'esperienza mi faceva cambiare prospettiva, ma l'emozione era la stessa. Dopo un piccolo tempo di ricomposizione nel bicchiere ho iniziato a cogliere il dono grande delle terre di Colognola ai Colli e della Val d'Illasi, la sferzante mineralità e la purezza dei profumi. Pulizia olfattiva che diventava con il tempo sempre più nitida. Certo, la vegetalità tipica del Merlot era più rotonda e meno sfacciata. Il frutto era nero e ancora dolce di mirtilli e more ma con una bella componente di castagne e sensazioni di carruba, nespola, noci e frutta tostata con una calda liquirizia e un cioccolato un po' amaro. Anche cuoio e sottobosco al naso. Poi una netta freschezza. Non so se questo vino avesse avuto ancora la possibilità di poter migliorare nel tempo...credo di aver avuto fortuna anche in questo. Credo di averlo aperto nel suo momento migliore prima del suo decadimento. Al palato il tannino era sostanziale ma estremamente arrotondato e setoso. L'estensione del vino di ottima persistenza.
 
Avevo rivisto Natalino e suo fratello poco tempo fa, a giugno, durante un incontro in Val d'Illasi. Devo dire che non ho sempre condiviso le pratiche enologiche degli ultimi anni dei fratelli Fasoli pur rispettando sempre il loro vitale rigore biologico. Ma ci sono fattori che marchiano il valore di un progetto e di un prodotto. Ed era quella sensazione vibrante che mi aveva fatto tornare a casa galvanizzato quel giorno di nove anni fa da San Zeno di Colognola ai Colli. Un'emozione che ho ritrovato stasera nel bicchiere. L'impronta di un territorio, di un vignaiolo e del suo sogno. Erano le prime bottiglie di quel Calle, era l'inizio di un grande percorso. Questa sera ho incrociato quel sogno e mi son detto fortunato di aver bussato a quella porta.
Valutazione:Calle 2000

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